Ricorso in  azione  suppletiva per conflitto di  attribuzione tra
Stato e Regioni ex art. 39 L. n. 87/1953. 
    Per: CODACONS - Coordinamento delle associazioni e  dei  comitati
di tutela dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori,
(C.F. 97102780588), in persona del legale rappresentante  p.t.,  Avv.
Giuseppe Ursini  (C.F.  RSNGPP49A29H7981),  rappresentato  e  difeso,
giusta delega in calce al presente atto,  dagli  Avv.ti  Prof.  Carlo
Rienzi (C.F. RNZCRL46R08H703I), Gino Giuliano (C.F. GLNGNI65A02D636M)
e Guglielmo Saporito (C.F. SPRGLL53B09F839L),  con  domicilio  eletto
presso l'Ufficio Legale Nazionale del CODACONS, in Viale  G.  Mazzini
n.   73,   Roma   (PEC    carlorienzi@ordineavvocatiroma.org,    fax:
06/3701709); 
    contro Regione Lombardia, in persona del Presidente p.t.; Regione
Veneto, in persona del Presidente p.t.; 
    e nei confronti di Presidenza  del  consiglio  dei  ministri,  in
persona del Presidente p.t. 
    per  l'accertamento  in  azione  suppletiva   dell'illegittimita'
costituzionale - dei comportamenti  formali  posti  in  essere  dalla
Regione  Lombardia  e  dalla  Regione  Veneto  in  violazione   delle
attribuzioni costituzionalmente riservate allo Stato,  ex  art.  117,
comma 2, lett. q, lett. h), lett. d), 117 Cost., comma 3, 120  Cost.,
con  riferimento  alla  riapertura  della  attivita'   produttive   e
commerciali nell'ambito della c.d. fase 2; 
 
                                Fatto 
 
    E' ben nota la tragica  situazione  che  sta  vivendo  il  nostro
paese, a causa del COVID19, pertanto, in questa sede ci limiteremo ad
evidenziare gli aspetti piu' importanti ai fini del presente ricorso. 
    Dalla "Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza  del
rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie  derivanti  da
agenti virali trasmissibili" deliberata dal Consiglio dei Ministri il
31 gennaio u.s., il Governo attraverso una serie di DPCM (legittimati
in forza del DL 6/2020) gradualmente ha decretato  il  c.d.  lockdown
del Paese. 
    Dal divieto di uscire da casa per  la  popolazione,  se  non  per
comprovate ragioni lavorative o di salute, alla chiusura delle scuole
di ogni ordine e grado, si e' arrivati fino  all'arresto  dell'intero
sistema produttivo, salvo quelle filiere ritenute essenziali (come ad
es. quella alimentare). 
    Da ultimo, il DPCM del 10 aprile  2020,  ha  prorogato  tutte  le
misure messe in atto dal Governo fino al 3 maggio, data nella  quale,
secondo gli esperti e gli annunci del Governo, dovrebbe  iniziare  la
c.d. fase 2. 
    Fase in cui gradualmente verra' riattivato il sistema  produttivo
dell'Italia e verra' ripristinato il diritto di circolazione. 
    Sara' un momento delicatissimo: alla data del 3 maggio  il  virus
non sara' stato sicuramente debellato e, quindi, si aprira' una  fase
di convivenza con il COVID19 con tutti i rischi che ne conseguono. 
    Sin  dall'inizio  dell'emergenza  forti  e  aspri  sono  stati  i
confronti, o meglio i conflitti, tra il Governo e le  Regioni,  sulle
modalita' di gestione dell'emergenza. 
    In particolare, Veneto e Lombardia, che sono anche le  zone  piu'
colpite dal contagio, hanno espresso numerose volte dichiarazioni  di
segno opposto a quelle dello Stato. 
    Tali conflitti sono diventati piu' aspri quando si e' iniziato  a
discutere della c.d. fase 2. 
    Da Nord a Sud regna la confusione. Le Regioni procedono in ordine
sparso, senza alcun coordinamento, e ogni ora c'e' un governatore che
alza il dito e fa una fuga in avanti  o  indietro,  a  seconda  delle
necessita'. Ecco, sulla riapertura, sull'allentamento della  serrata,
il disordine  istituzionale  sembra  essere  la  costante  e  non  si
intravede nemmeno la  possibilita'  di  ricomporre  il  quadro  delle
competenze. C'e' chi desidera aprire tutto e subito,  chi  preferisce
affidarsi agli scienziati, chi invoca la data del 4  maggio,  e  chi,
invece, leggi alla voce Vincenzo De Luca,  e'  pronto  a  chiudere  i
confini del suo territorio. Siamo ad un passo dal caos. 
    Tutto sembra affidato a defatiganti quanto  inconcludenti  cabine
di regia dove il Governo cerca  di  mediare  al  fine  di  assicurare
unita' di condotta sull'intero territorio nazionale,  anche  in  nome
della irrinunciabile funzione che ad esso  assegna  la  Costituzione,
all'art. 120, erigendolo a garante dell'unita' di azione e  indirizzo
dello Stato nelle particolari e rilevanti materie ivi  indicate,  tra
cui  la  salute,  l'economia  ed  i  diritti  civili  e  sociali  dei
cittadini. Inoltre, lo stesso art. 117 Cost., assegna  alla  potesta'
esclusiva dello Stato la  materia  della  profilassi  internazionale,
dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, materie tutte che
vengono in rilevo nella vicenda in esame. 
    A nessuno sfugge poi la stringente ed imperativa esigenza di  una
gestione unitaria in capo al Governo  della  fase  delle  riaperture,
essendo questo l'unico soggetto istituzionale tra quelli in campo che
puo' fare una valutazione valida per l'intero  territorio  nazionale,
da cui non si puo' recedere. Infatti, ove si consideri che  nel  caso
venisse tollerato il fai da te delle singole Regioni,  la  scelta  di
riapertura delle attivita' produttive e commerciali di  una  sola  di
esse costringerebbe le altre a subire gli effetti di una tale  scelta
senza che vi sia stato alcun loro consenso, su cui pure ricadono  gli
effetti di  una  tale  scelta,  tenuto  conto  del  rischio  contagio
connesso alla drammatica pandemia in atto. 
    Del resto, la stessa idea trapelata sugli  organi  di  stampa  di
gestire la "fase 2" dividendo il Paese in macro aree (Nord, Centro  e
Sud), a seconda dell'entita' del contagio, presuppone necessariamente
una gestione unitaria in  capo  al  Governo.  Ma  basta  scorrere  le
agenzie e accorgersi che ogni Regione marcia per conto suo, incurante
del ruolo e dei poteri che la Costituzione  assegna  al  Governo.  Il
Governatore della Lombardia,  ad  esempio,  negli  ultimi  giorni  ha
ondeggiato fra misure stringenti, l'obbligatorieta' della  mascherina
per i cittadini lombardi, e  fughe  in  avanti:  "Riapriamo  tutto  e
subito". Se pensiamo che solo domenica  scorsa  si  diceva  contrario
alla riapertura delle libreria e soltanto 72 ore dopo  si  presentava
in conferenza stampa al grido "di  riapriamo  tutto  dal  4  maggio".
Insomma, un cambio di rotta per la Regione locomotiva  del  Nord  che
creare ulteriore confusione e desta allarme in  molti  cittadini  del
nostro Paese. 
    Per  non  parlare  del  Veneto  il  cui  Presidente,  Luca  Zaia,
annuncia: "Se dipendesse da me riaprirei tutto il 4, con  gradualita'
e  senso  di  responsabilita'".  Con  tanto  di  Piano  autonomo   di
riapertura di ben 17 pagine. Ancor piu'  aperturista  il  governatore
delle Marche, Luca  Ceriscioli,  che  e'  convinto  che  non  occorre
aspettare maggio ma "lo dico al governo:  consentiamo  a  chi  e'  in
grado di garantire la sicurezza dei lavoratori  di  ripartire  ancora
prima", a un certo punto le parole di Vincenzo De Luca  diventano  un
caso. Insomma, Ceriscioli alzerebbe le saracinesche domattina. A  sua
volta De Luca nei panni  di  sceriffo  della  Campania  afferma:  "Se
dovessimo avere corse in avanti in  regioni  dove  c'e'  il  contagio
cosi' forte, la Campania chiudera' i confini. Faremo un'ordinanza per
vietare l'ingresso dei cittadini provenienti da quelle regioni". 
    Da ultimo lo scontro Nord/Sud  sul  Coronavirus,  Zaia:  "E'  Sud
contro Nord, il  4  maggio  la  linea  ultima  oltre  la  quale  sole
riaperture" (La Repubblica, del 19 aprile). 
    Al  caos  si  somma  caos.  Da  Palazzo  d'Orleans,  sede   della
presidenza  della  Regione  siciliana,  l'imperativo  categorico  e':
"Prudenza massima fino  al  3  maggio".  Anche  la  Calabria  non  si
sbilancia sulla fase due. Da  cui  filtra  che  sarebbero  al  vaglio
misure che terranno conto dell'entita' del  contagio  delle  prossime
settimane. Un'altra regione del Mezzogiorno  apre  all'ipotesi  della
ripartenza dopo il 4 maggio. Si tratta della  Basilicata.  "Siamo  in
grado di ripartire. Seppur con  tutte  le  misure  di  sicurezza  del
caso". 
    Siamo al  disordine  istituzionale.  Ognuno  tira  acqua  al  suo
mulino. La riapertura si e' gia' trasformato in  una  vera  battaglia
politica. Regioni contro Stato, Regioni contro Regioni, Comuni contro
Regioni. Insomma, tutti contro tutti, il caos. 
    A fronte di tale grave caos, che in  termini  giuridici,  si  sta
traducendo nella ormai quotidiana violazione di fondamentali principi
costituzionali, con le Regioni che da un lato pongono in essere  atti
comportamenti gravemente lesivi  delle  attribuzioni  dello  Stato  e
dall'altro il Governo quale rappresentante dello  Stato  che  assiste
inerte a questa continua invasione delle sue competenze, che  rischia
di infrangere l'unita' dello Stato, ci inducono ad agire col presente
ricorso a tutela delle attribuzioni che la Costituzione assegna  allo
Stato con riferimento alla riapertura della  attivita'  produttive  e
commerciali nell'ambito della c.d. fase 2. Cio' al  fine  di  evitare
che  vengano  arrecate  lesioni  gravissime  a  tali  interessi,  con
conseguenti gravissimi danni per l'intero Paese. 
 
                               Diritto 
 
1. Sul potere della Corte ex art. 134 Cost. e art.  39  L.  11  marzo
1953 n. 87 e sulla configurabilita' di un'azione suppletiva. 
    E'  pacifica  la  struttura  del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzioni tra Stato e Regioni nonche' tra Regioni. 
    Nell'inerzia dei soggetti titolari, l'odierno ricorrente  ritiene
di poter agire in via suppletiva, rimediando a ritardi dell'Autorita'
centrale, in una logica applicazione del proprio  ruolo  di  soggetto
interlocutore con dignita' pubblica. 
    La funzione suppletiva e' adiacente alla titolarita' che fa  capo
a Stato e  Regioni  e  consente  un  qualsiasi  momento  al  soggetto
originariamente titolare di recuperare l'inerzia assumendo in proprio
la titolarita' del conflitto. 
    Con questa premessa si formulano le osservazioni che seguono. 
2. Sull'ammissibilita', sotto il  profilo  soggettivo,  del  presente
ricorso.  Sulla  legittimazione  del  CODACONS  a  sollevare  in  via
incidentale e suppletiva il conflitto di  attribuzione  tra  Stato  e
Regione. 
    Codesta Corte ha gia' avuto modo di affermare che anche  soggetti
ed organi diversi dallo Stato-apparato possono  essere  parti  di  un
conflitto tra poteri, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione e del
citato art. 37 della 1. n. 87 del 1953, qualora risultino titolari di
una «pubblica  funzione  costituzionalmente  rilevante  e  garantita»
(ordinanza n. 17 del 1978; ordinanza n. 256 del 2016). 
    Il Codacons  e'  in  possesso  dei  suddetti  requisiti,  essendo
titolare  di  pubbliche  funzioni  di  rilevanza   costituzionale   e
garantite dalla Costituzione. 
    Sulla  rilevanza  costituzionale  delle   funzioni   svolte   dal
Codacons: 
        Si premetta che il CODACONS, per legge e' chiamato a tutelare
gli interessi ed i diritti di consumatori e utenti, tra cui  il  loro
"diritto alla salute", ai sensi dell'art. 2  Cod.  Cons.  e  art.  32
Cost. nonche' si pone quale garante del  buon  andamento  della  p.a.
(cfr. Statuto dell'ente). 
    Il CODACONS, infatti, e' un'Associazione senza fini di lucro, che
si propone di "tutelare con ogni mezzo  legittimo,  ivi  compreso  il
ricorso allo strumento giudiziario, i diritti  e  gli  interessi  dei
consumatori ed utenti [...] tale tutela si realizza nei confronti dei
soggetti pubblici e privati,  produttori  e/o  erogatori  di  beni  e
servizi, anche al fine di contribuire ad eliminare le distorsioni del
mercato determinate dalla commissione di abusi e di altre fattispecie
di reati contro la P.A.". 
    Il  CODACONS  persegue  inoltre  la  tutela  del  "diritto   alla
trasparenza, alla corretta gestione delle pubbliche  amministrazioni"
(Cfr. art 2 Statuto) nonche' si pone quale associazione che  persegue
anche il fine di garantire con i mezzi a disposizione  "l'incolumita'
pubblica" (Cfr. art. 2.3 Statuto). 
    Al CODACONS, cosi' come alle altre Associazioni  di  consumatori,
inoltre, "e' stato effettivamente conferito un compito  di  un  certo
rilievo  pubblicistico",  come  riconosciuto  dalla   nota   sentenza
dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 1 del 2007. 
    Emblematica poi delle finalita' e del  ruolo  delle  Associazioni
dei consumatori e utenti e' la sentenza della Corte di Cassazione, n.
17351, del 18 agosto 2011, laddove statuisce che compito  degli  Enti
esponenziali degli interessi collettivi  e'  quello  di  "far  valere
l'interesse generale e comune ad un'intera categoria di utenti  o  di
consumatori ... allo scopo non di  sostituirsi  alle  iniziative  dei
singoli, ma di spianare ad esse la  strada,  tramite  il  superamento
degli ostacoli di ogni genere di  cui  tale  strada  potrebbe  essere
disseminata, ove ad agire fosse il singolo: non ultimo quello  insito
nelle remore del cittadino isolato ad affrontare costose controversie
per  somme  relativamente  modeste,  nei   confronti   di   avversari
agguerriti". 
    Da ultimo l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,  n.  6  del
2020, ha riconosciuto la legittimazione ad agire del Codacons,  quale
Associazione dei consumatori iscritta nell'elenco  ex  art.  137  del
Cod.  Consumo,  anche  in  assenza  di  una  specifica  norma,  cosi'
esprimendosi in  particolare:  "Gli  enti  associativi  esponenziali,
iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative  di
utenti o consumatori oppure in  possesso  dei  requisiti  individuati
dalla giurisprudenza, sono legittimati ad esperire  azioni  a  tutela
degli interessi  legittimi  collettivi  di  determinate  comunita'  o
categorie, e in particolare l'azione generale di annullamento in sede
di giurisdizione amministrativa di legittimita', indipendentemente da
un'espressa previsione di legge in tal senso". 
    Tanto esposto, non si puo' dubitare quindi della  rilevanza,  sul
piano costituzionale, delle funzioni assolte da  questa  Associazione
che svolge un'attivita'  dal  rilievo  pubblicistico,  finalizzata  a
tutelare con ogni mezzo i  cittadini/consumatori  o  utenti.  Atta  a
garantire anche il  loro  il  supremo  diritto  alla  salute  sancito
dall'art. 32 Cost. 
    Bisogna sotto quest'ultimo  aspetto  sottolineare  come  il  bene
della salute sia tutelato dalla Costituzione "non solo come interesse
della collettivita' ma anche e soprattutto come  diritto  inviolabile
dell'individuo (Corte Cost. sent. n. 356 del 1991)", di cui si impone
"piena ed esaustiva tutela" (sent. n. 307 e 445 del 1990), in  quanto
"diritto primario e assoluto (sent. n. 202 del 1991, n. 559 del 1987,
n. 184 del 1986, n. 88 del 1979)". 
    Pertanto, alla luce di quanto esposto, ben puo' dirsi assolto  il
primo requisito richiesto dalla Corte per sollevare in via suppletiva
un conflitto di poteri  tra  Stato  e  Regioni  ovvero  la  rilevanza
costituzionale delle funzioni  assolte  dal  soggetto  promotore  del
presente ricorso. 
3. Sulla natura garantita, sul piano costituzionale,  delle  funzioni
assolte dal Codacons. 
    La funzione del Codacons,  sul  piano  costituzionale,  e'  stata
recepita da ultimo con la Delibera della Corte Costituzionale, dell'8
gennaio 2020, avente ad oggetto modificazioni alle «Norme integrative
per i giudizi davanti alla Corte costituzionale». 
    Si premette che la L. n.  87  del  1953  rubricata  "Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento  della  Corte  costituzionale."  e',
secondo autorevole opinione della dottrina (CICCONETTI,  elementi  di
diritto costituzionale, la giustizia costituzionale,  Torino,  2003),
una  legge  costituzionale,  attuativa   dell'art.   135   Cost.,   e
conseguentemente i regolamenti previsti dagli artt. 14 e 22 hanno  la
stessa valenza delle norme costituzionali. 
    Cio' posto, il nuovo art. 4 ter delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte Costituzionale, riconosce la  possibilita'
agli enti esponenziali, come il Codacons, di partecipare  ai  giudizi
di legittimita' costituzionale sulle leggi, attraverso il deposito di
apposite memorie. Costituzionalizzando, per cosi' dire, la  posizione
degli Enti esponenziali. 
    Si deve inoltre ritenere che  gli  Enti  esponenziali  in  virtu'
degli interessi che rappresentano e delle funzioni di cui  le  stesse
sono titolari (come ben delineate in  punto  di  rilevanza),  possano
sostituirsi allo Stato, quando questo rimanga  del  tutto  inerte  di
fronte  alle  ripetute  e  gravi  violazioni  della  sua   sfera   di
attribuzioni,  astenendosi  dall'attivare  gli   strumenti   che   la
Costituzione li mette a disposizione per reagire a tali violazioni. 
    Al riguardo, si rileva che sono molteplici le norme che  regolano
i casi in cui si puo' esercitare un potere sostitutivo: 
        1) Innanzitutto viene in rilievo, l'art. 120  co.  2,  Cost.,
che prevede la possibilita' per lo Stato di sostituirsi alle Regioni,
alle Citta' Metropolitane, alle Province e ai Comuni per una serie di
ipotesi ivi disciplinate. 
        2) L'art. 9 del TUEL, che prevede  la  possibilita'  per  gli
Enti esponenziali di far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che
spettano al Comune e alla Provincia. 
        3) Infine, la possibilita' disciplinata  dall'art.  310  Cod.
Ambiente che attribuisce agli enti esponenziali un potere sostitutivo
in materia di danno ambientale, quando, ad. es. l'ente locale  rimane
inerte. 
    Quindi il potere sostitutivo, e' un rimedio  ben  conosciuto  dal
nostro Ordinamento e soprattutto vede come  destinatari  privilegiati
proprio gli enti esponenziali, come il Codacons, le cui  funzioni  ed
il cui ruolo e' garantito dall'art. 2  Cost.,  potere  la  cui  ratio
risposa nell'esigenza  di  far  si  che  certe  funzioni  sono  cosi'
rilevanti ed importanti che in caso di inerzia del suo  titolare,  ci
debba essere qualcuno che possa agire al suo posto. 
    Pertanto, tale potere sostitutivo deve essere riconosciuto  anche
nel caso in cui organi dello Stato assistano inerti  alla  violazione
delle proprie attribuzioni costituzionali, quando in  gioco  vi  sono
interessi fondamentali dello Stato-Apparato,  preservando  cosi'  gli
equilibri costituzionali, presidio  irrinunciabile  della  sovranita'
popolare. 
    Come, appunto, sta avvenendo nel caso di specie, in cui  numerose
Regioni,   in   particolare   Lombardia   e   Veneto,    si    stanno
auto-attribuendo  nella  drammatica  situazione  pandemica  in  atto,
funzioni in  materia  di  riapertura  delle  attivita'  produttive  e
commerciali,    appartenenti    all'esclusiva    potesta'    statale,
nell'inerzia assoluta del  Governo,  con  gravissime  conseguenze  in
punto di contenimento dell'emergenza COVID. Non passa giorno ormai in
cui non vi sia una Regione che offra un suo piano di riapertura. 
    Ci sia consentito di dire: la misura e' colma, le  Regioni  vanno
in  ordine  sparso,  rispondendo  a  frazionati  interessi  politici,
minando cosi' il Paese nelle  sue  fondamenta,  nel  momento  in  cui
servirebbe maggior unita' e collaborazione istituzionale. 
    Su tutti gli episodi successi, basti ricordarne uno, ESEMPLARE. 
    Era 1'8 marzo quando la bozza del DPCM (adottato il 10  Marzo)  -
trasmessa alle Regioni per il principio di leale collaborazione prima
della sua pubblicazione in G.U. - che di fatto decretava il  lockdown
del paese venne divulgato prima della sua pubblicazione in G.U. dalla
Regione     Lombardia     (come      ha      ammesso      la      CNN
https://www.giornalettismo.com/bozza-dpcm-cnn-lombardia/),        con
l'effetto  di  far  fuggire  verso  il  Sud  migliaia  di   cittadini
meridionali,  diversi  infetti  dal  COVID,  che  si   trovavano   in
Lombardia, allargando cosi' l'ulteriore diffondersi dell' infezione. 
    E lo Stato  che  sta  facendo  di  fronte  a  questo  disfattismo
istituzionale? 
    Sta assistendo inerte ed in silenzio al caos creato  dalle  varie
fazioni politiche rappresentative dei diversi enti  locali  che  ogni
giorno da tre mesi a questa parte  esprimono  un'opinione  diversa  e
contrastante con quella del Governo. 
    Le conseguenze? di fatto lo Stato sta decretando  lo  svuotamento
delle proprie prerogative costituzionali, con il rischio  enorme  che
cosi'  si  "sfascino"  i  delicati  equilibri  disegnati  dai  nostri
Costituenti. 
    Fatto  che,  questa   Ecc.ma   Corte,   garante   suprema   della
Costituzione, non puo' assolutamente permettere. 
    Per tutte queste ragioni, sopra elencate, in  forza  dell'art.  2
Cost., questa Corte deve riconoscere  che,  in  situazioni  delicate,
come quella che stiamo vivendo, in  cui  in  gioco  vi  sono  diritti
fondarnentali  della  persona  e  della  collettivita',   la   stessa
collettivita' e per essa le associazioni che la rappresentino possano
e debbono ovviare all'inerzia dello  Stato  nel  far  valere  le  sue
prerogative costituzionali, al fine di evitare quella che noi  osiamo
definire,  utilizzando  un'iperbole,  una   "necrosi"   della   Carta
Costituzionale. 
4. Sull'ammissibilita', sotto il profilo oggettivo,  della  questione
relativa al conflitto di attribuzione. 
    Preliminarmente, bisogna osservare come dinanzi a codesta  Ecc.ma
Corte, in sede di conflitto di  attribuzioni  tra  Stato  e  Regioni,
possano  essere   sindacati   anche   i   comportamenti   di   organi
istituzionali. 
    Sul  punto  sia  consentito  richiamare  un   precedente   (Corte
Costituzionale, 15/01/2013,  n.1)  in  cui,  proprio  in  materia  di
conflitto  di  attribuzione,  codesta   Corte   ritenne   ammissibile
esprimersi nel merito anche a fronte di comportamenti  formali  posti
in essere dall'organo istituzionale, coinvolto nel giudizio. 
    Tanto premesso, in punto di fatto  abbiamo  evidenziato  come  la
Regione Veneto abbia gia' adottato un programma per la  c.d.  fase  2
della crisi, senza che lo Stato abbia dettato i principi  base  e  le
norme precettive di sua diretta competenza. 
    Tale programma contiene puntuali  prescrizioni,  che  hanno  come
destinatari cittadini e aziende, sul "come" si dovra'  affrontare  la
fase 2. 
    Pertanto  esso  costituisce  l'espressione  di  un  comportamento
formale. 
    Con riguardo alla Regione Lombardia, essa sin  dall'inizio  della
crisi ha preso con  dichiarazioni,  comunicati  stampa  e  interviste
televisive, proprie e personali posizioni sulla gestione della crisi.
Queste prese di posizioni sono state cosi' insistenti, da costringere
un  autorevole  esponente  della  maggioranza   a   "minacciare"   il
commissariamento della Regione. 
    Evidentemente, anche quelli adottati dalla Regione Lombardia sono
comportamenti formali. 
    Cio' posto, possiamo passare ad illustrare le  norme  attributive
di poteri statali, violate  dalla  Regione  Veneto  e  dalla  Regione
Lombardia: 
        Art. 117 co 2 lett. q). 
    Com'e' noto  tale  norma  riserva  la  materia  della  profilassi
internazionale  allo   Stato.   Per   quest'ultima,   comunemente   e
pacificamente, si intende l'insieme di norme e  di  metodi  intesi  a
evitare o prevenire il diffondersi di malattie.  In  particolare,  le
norme e i provvedimenti che si devono adottare, collettivamente o  da
parte di singoli, per la difesa contro una determinata malattia, e la
loro  applicazione   pratica   (ex   multis   Corte   Costituzionale,
18/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/07/2019), n.186). 
    Pertanto, appare fuori di dubbio  che  l'emergenza  COVID  ricada
sotto l'alveo della lettera q) dell'art. 117 co 2 Cost. 
    Ed  invero,   evidentemente,   ogni   misura   finalizzata   alla
prevenzione del diffondersi del contagio e' di  pertinenza  esclusiva
dello Stato, pertanto, comportamenti e programmi  delle  Regioni  che
esprimono un orientamento diverso da quello del governo,  o  comunque
ne anticipano le decisioni, costituiscono una chiara invasione  della
sfera di competenza riservata allo stato in subiecta materia. 
        Art. 117 co 2 lett h). 
    L'ordine pubblico e la sicurezza  sono  di  competenza  esclusiva
statale. 
    Codesta Corte ci insegna che tale norma «riserva allo Stato [...]
le funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali
l'integrita' fisica o   psichica  delle  persone,  la  sicurezza  dei
possessi ed ogni  altro  bene  che  assume  primaria  importanza  per
l'esistenza stessa dell'ordinamento (sent.  285/19)».  Orbene  appare
evidente che l'emergenza COVID investa chiaramente profili  attinenti
all'ordine pubblico e alla sicurezza, minacciando  beni  fondamentali
quali il diritto alla salute dei cittadini. 
    Quindi e' di competenza esclusiva dello Stato dettare  norme  per
affrontare l'emergenza COVID  e  ogni  comportamento  delle  Regioni,
difforme  da  esse  o  anticipatorio  rispetto  ad  esse,  invade  la
competenza esclusiva dello Stato in subiecta materia. 
        Art. 117 co 2 lett. d). 
    Codesta Corte ci insegna che la sicurezza dello Stato investe  la
sua  personalita'  in  quanto  tale  che   puo'   essere   minacciata
dall'esterno o dall'interno. 
    L'emergenza COVID sta piegando il paese con il  rischio  che  nel
caso l'intervento dello Stato non giunga in tempo o si sostituisca ad
esso il disordine  degli  interventi  Regionali,  ci  siano  sommosse
popolari, accenni di ribellione ecc. 
    Basti prendere ad es. il tentato assalto  ad  un  supermercato  a
Palermo (Coronavirus, a Palermo tentato assalto al supermarket:  "Non
abbiamo soldi". Forze dell' ordine presidiano centri commerciali - 
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/27/coronavirus-a-palermo
-tentato-assalto-al-supermarket-non-abbiamo-soldi-forze-dellordine-pr
esidiano-i-centri-commerciali/5751393/)   per   avvedersi   come   se
l'emergenza non viene affrontata adeguatamente e' a rischio la stessa
sicurezza della Repubblica Italiana. 
    Pertanto, anche per questa ragione ogni misura  per  fronteggiare
la crisi e' di esclusiva competenza statale. 
        art. 117 co. 3 - la  competenza  concorrente  in  materia  di
salute. 
    Secondo l'insegnamento  di  codesta  Corte  in  subiecta  materia
spetta allo Stato la  definizione  dei  principi  fondamentali  e  la
definizione   delle   prestazioni   essenziali   (c.d.   LEA).   Tale
orientamento e' stato trasfuso agli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 502 del
1992 che,  in  breve,  attribuiscono,  da  un  lato,  allo  Stato  la
predisposizione del Piano Sanitario Nazionale che definisce obiettivi
attesi, i programmi, le aree d'intervento e le prestazioni essenziali
e, dall'altro lato, attribuiscono alle Regioni  la  gestione  diretta
della sanita' attraverso le ASL  e  le  altre  strutture  ospedaliere
pubbliche o private accreditate. 
    Cio' posto, e' evidente che per l'emergenza COVID, involgendo  il
diritto primario alla salute, i principi  fondamentali  per  la  c.d.
fase 2 spettano allo Stato, e solo norme  dal  carattere  integrativo
spettano alle Regioni. 
        - art. 120, co 2 Cost. 
    Tale norma, posta a  presidio  di  interessi  fondamentali  dello
Stato, assegna al Governo il ruolo di granate dell'unita' di azione e
indirizzo dello Stato  nelle  particolari  e  rilevanti  materie  ivi
indicate,  tra  cui  la  salute,  i  diritti  civili  e  sociali  dei
cittadini, l'economia. 
    Ebbene, anche tale norma appare violata dalle reiterate  condotte
poste in essere dalla Regione Lombardia e della Regione,  che  stanno
ogni giorno di piu' minando l'unita' dello Stato  nella  gestione  di
questa gravissima pandemia e  sta  mettendo  in  pericolo  l'uniforme
erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni fondamentali, tra
le quali spiccano ovviamente quelle sanitarie. 
    Quindi, anche per questa  ragione  ci  troviamo  in  presenza  di
un'invasione ella sfera  di  attribuzione  statale,  da  parte  delle
Regioni de quibus. 
    Istanza cautelare, ex art. 40, L. Cost., n. 871953 
    Sul fumus bonis iuris, valgono le considerazioni sopra esposte 
    Quanto al periculum in mora, esso appare di tutta  evidenza,  ove
si consideri che i contestati comportamenti formali posti  in  essere
dalle  Regioni  Veneto  e   Lombardia,   minacciano   gravemente   le
attribuzioni costituzionali dello Stato centrale,  tese  a  garantire
l'unita' di indirizzo e di azione allorche' si tratti  di  affrontare
emergenze che  coinvolgono  interessi  vitali  e  fondamentali  quali
quelli connessi alla tutela della  salute  dell'intera  collettivita'
nazionale, nonche'  dei  diritti  civili  e  sociali  dei  cittadini,
nonche' alla tutela dell'Economia nazionale. 
    Invero, non crediamo serva spendere molte parole sul pericolo che
sta correndo lo Stato Italiano a causa del COVID19. 
    Tutto cio', peraltro, in un difficilissimo quadro che prevede una
contrazione del PIL del 9%, un calo della produzione industriale pari
all'8%, oltre a tutte le migliaia di persone gia' decedute a causa di
questa grave pandemia e che vede inoltre un duro e serrato  confronto
con l'Europa, per la scelta sul  piano  europeo  degli  strumenti  da
utilizzare per  combattere  la  gravissima  crisi  economica  che  la
pandemia ha gia' aperto. 
    Per cio' l'unita' di azione dello Stato in  questo  delicatissimo
momento rappresenta il bene supremo che deve  essere  preservato,  in
nome  del  rispetto  delle  sfere  di  attribuzioni  disegnate  dalla
Costituzione, su cui Codesta Ecc.ma Corte e' chiamata a vegliare. 
    Il termine sta scadendo, il 4 maggio dovrebbe aprirsi la fase 2. 
    Il  pregiudizio  e'  imminente,  se  nel  frattempo  le   Regioni
portassero ad ulteriore esecuzione i comportamenti  formali  da  esse
gia' posti in essere. 
    Per tutte queste ragioni,  appare  necessario  disporre,  in  via
d'urgenza, la sospensione dei gravati comportamenti formali posti  in
essere dalle Regioni Veneto e Lombardia,  ordinando  alle  stesse  di
astenersi dal porre in essere ulteriori  comportamenti  lesivi  delle
attribuzioni statali in subiecta materia.